"E' questa è la dimostrazione dell'impazzimento derivato dall'isolamento: nel mezzo del flow mi sono perso. Nell'eco della stanza sento le mie note come se prendesse forma l'altrove forma parole..."
da "Dr. Moebius"
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Niente di tutto quello che avete sentito, niente di tutto quello che avete ascoltato,letto,visto: niente è paragonabile nella scena italiana, nel bene è nel male, a Roggy Luciano. E questo voglio metterlo subito in chiaro, perchè per affrontare questo artista (e i suoi 3 album) dobbiamo uscire dagli schemi che attanagliano l'hip hop, soprattutto in questo periodo di omologazione e deriva verso techno e commerciale. Roggy, di cui il racconto delle sue gesta sono affidate al suo biografo ufficiale dr. Giovanni LaMerda, è quello che, nell'underground più spinto, è definito un "One Man Army" (a lui non piacerà questo appellativo), perchè si distacca in maniera indifferente dalle convenzioni: la scelta delle registrazioni da vecchi film o filmati (vedi "L'anno del nevone"), il tono sbiascicato per riempire gli spazi nel beat e l'intuizione geniale dell'utilizzo della registrazione al contrario (più esplicito nel lavoro del 2007 "L'imprevisto") non sono mai state utilizzate in questo modo. Il tono è autunnale, polveroso, crepuscolare, solitario, da casa riscaldata da un camino e un Tavernello; Roggy è incasellabile, sfuggente, non parla di lui nelle tracce benché le stesse raccontino dei suoi viaggi inquietanti e extratemporali; i beat sono vecchia maniera; le rime sembran fatte da un divano anni '60; l'intento è oscuro (autocelebrazione disinteressata?). Aspetto altri album, per conoscerlo meglio (utopia), per capire il velo di misantropia e solipsismo che marca le giornate piovose di Imperia in cui si capiscono meglio le canzoni.
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"...sto fuori dai giochi e mi faccio l'albero a Dicembre
mi permetto di snobbare certe sette, di alternativi che sono l'alternativa al niente.
Poche sfide perse, gare di freestyle,
io sto a casa a scaricare i documentari di Sky [...]
Rivoglio la placenta, la pancia e la coperta..."
da "La folla, bastoncini"
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Sir Biss